Nel momento in cui lo Charcot viene diagnosticato e trattato nella sua fase acuta la probabilità di fermare il processo è molto alta. In caso di ritardo della diagnosi inevitabilmente il processo acuto evolve determinando alterazioni della struttura del piede il più delle volte non compatibili con una ripresa della deambulazione.
A stabilizzazione ottenuta, del quadro infiammatorio, si valuterà se è sufficiente consigliare l’utilizzo di una calzatura in prevenzione secondaria a suola rigida a barchetta (roker sole) possibilmente Alta con contrafforti contenitivi bilaterali e un plantare su calco di scarico multistrato realizzato con materiali di ottima qualità (LINK SU QTEVA) o se è invece necessario procedere a un intervento chirurgico di correzione.
La mancata diagnosi nella fase acuta e il suo corretto trattamento determinano l’evoluzione alla fase cronica la cui peculiarità è la deformità. L’evoluzione in deformità passa attraverso lo spegnimento della fase flogistica e la contemporanea instabilità e dislocazione articolare. A questa seguono erosioni della cartilagine, riassorbimento osseo, possibili nuove fratture e successiva fase di riassorbimento e consolidamento osseo con passaggio dall’instabilità.
La terapia e la prognosi dello Charcot cronico è legata al grado di deformazione e alla comparsa di ulcerazioni che determinano una osteomielite. Un piede di Charcot cronico che non abbia ancora provocato un’ulcerazione è un piede che può essere protetto da plantare e calzatura ad hoc che impedisca alla deformità di evolvere fino a provocare l’ulcera. Quando l’ortesi non è più in grado di impedire l’ulcerazione, diventa necessario rimuovere la deformità con un intervento chirurgico.
La chirurgia dello Charcot è una chirurgia molto complessa, nella localizzazione del processo al mesopiede e della caviglia. Sono stati proposti numerosi tipi d’interventi di stabilizzazione ma ancora non esistono evidenze certe sull’approccio più idoneo al fine di ridurre le deformità e ottenere un piede plantigrado.
Si ringrazia il Dott. Romagnoli Fabio (Ospedale I.N.R.C.A.) per il gentile contributo nella spiegazione dell’argomento